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giovedì 11 giugno 2009

Enrico Berlinguer, 25 anni dopo


Per leggere lo speciale de L'Unità dedicato al segretario del PCI morto l'11 giugno 1984, cliccate qui. Di seguito, riportiamo un articolo di Giancarlo Gilardi pubblicato oggi su Aprileonline.info, giornale online per la Sinistra diretto da Carla Ronga.



L'attualità di Enrico Berlinguer

La memoria non è solo il necessario ricordo o un riconoscimento doveroso alla sua alta integrità perché è troppo poco per le tante "questioni" che lui ha richiamato in vita e le prospettive indicate. La drammatica crisi che oggi attraversiamo e che rischia ancora una volta di ricadere sulle spalle dei lavoratori e della povera gente così poco e male rappresentati, impone il recupero del metodo e del rigore delle sue analisi per meglio comprendere la realtà di oggi: "...quando un partito muore o si trasforma cercando di sopravvivere, mostra la sua incapacità di capire la realtà che avrebbe potuto o voluto trasformare o conservare..."

"Storicizzare!" ci ammoniscono sempre gli esperti, ma ciò non può significare, alla fine, dimenticare o consegnare alla storia ed agli addetti ai lavori una figura di così stringente modernità come quella di Enrico Berlinguer. Certo qualcuno può essere condizionato dagli attuali risultati elettorali nel ricordarsi che il suo partito conquistò esattamente dopo la sua morte e anche per la grande emozione che suscitò in Italia e fuori di essa, la maggioranza dei consensi in quella tornata elettorale europea ma, oggi, appare doveroso e sopratutto utile ricordare per altre ragioni la sua figura a venticinque anni dalla sua morte prematura.
Alcuni giorni fa egli è stato commemorato in forma ufficiale nel Senato della Repubblica, la rievocazione è stato affidata all'attuale segretario del Pd e ad alcuni storici. Ha sorpreso, non poco, l'assenza di testimonianze e di partecipazione, probabilmente perché non coinvolti o ritenuti non necessari, di alcuni suoi compagni contemporanei e allora stretti collaboratori che avrebbero ben contribuito a meglio delinearne la sua figura. Vengono in mente i nomi di Tortorella, Macaluso, Reichlin e dello stesso presidente Napolitano.

Oggi si ha notizia di qualche iniziativa collettiva per rievocarlo ma va detto che la memoria nel suo caso non è solo il necessario ricordo o un riconoscimento doveroso alla sua alta integrità etica perché è troppo poco per le tante "questioni" che lui ha richiamato in vita e le prospettive indicate. Oltre quella "morale" menzionata da molti, altre sono ancora di straordinaria attualità, basti pensare alla "austerità" fondata sulla cooperazione tra Paesi ricchi e poveri sollevata nell'inizio di una crisi energetica mondiale, quella "operaia" dopo le lotte del 69 con il ribadire il ruolo nazionale della classe operaia nei processi economici, quella "giovanile" e "femminile", quella "cattolica", quella "ambientale" e della "pace nel mondo".
Tutto ciò in un'epoca che fu di grandi cambiamenti per la società italiana, per la sua economia e di tante speranze per noi giovani di allora. Si era, però, alla fine di un ciclo economico e sociale iniziato nel secondo dopoguerra e preludio, ora lo possiamo ben dire, di quel processo di globalizzazione tanto contraddittorio che giunge ai nostri giorni e che oggi rende tutto più difficile e complicato.

Quel processo fece morire quasi sul nascere una "terza fase" della democrazia italiana, un'ipotesi diversa di sviluppo generale, mentre la governabilità, come risposta ad una "democrazia bloccata" dalla pregiudiziale anticomunista, negli anni 80 divenne decisionismo ma anche occupazione del potere, corruzione, conflitti di interesse e aumento a dismisura del debito pubblico.
Oggi siamo governati dai figli di quel sistema di potere e nei diritti siamo tornati indietro di cinquanta anni. Berlinguer percepì tutto questo ed anche i rischi che i grandi mutamenti che avvennero dalla fine degli anni 70, quei grandi processi di ristrutturazione economica che accompagnarono l'affermazione di una nuova egemonia liberista nel mondo intesa allora come indispensabile modernità, comportavano. Fu, per questo, davanti ai cancelli della Fiat prima e dell'Italsider di Taranto dopo, le due maggiori fabbriche italiane, per testimoniare e garantire l'impegno del PCI a difesa dei lavoratori e dello Stato sociale in Italia in quella dura prova internazionale.

La drammatica crisi che oggi attraversiamo e che rischia ancora una volta di ricadere sulle spalle dei lavoratori e della povera gente così poco e male rappresentati, impone il recupero di quelle esperienze, il metodo ed il rigore di quelle analisi per meglio comprendere la realtà di oggi e prospettare per le attuali generazioni la speranza e l'impegno per un futuro migliore.
Una personalità riconosciuta da tutti di alto spessore culturale e di indiscussa moralità pubblica che in una delle sue ultime interviste nel ribadire il ruolo fondamentale dei partiti in Italia, affermò qualcosa che sapeva quasi di premonizione: "...quando un partito muore o si trasforma cercando di sopravvivere, mostra la sua incapacità di capire la realtà che avrebbe potuto o voluto trasformare o conservare...".

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